domenica, gennaio 21

Viva la Cassazione!




ROMA - Scaricare da internet film, musica o programmi tutelati dal diritto d'autore non è reato se questo non implica alcun guadagno economico. Lo spiega la Terza sezione penale della Corte di Cassazione che ha annullato la condanna a tre mesi e 10 giorni di reclusione inflitta dalla Corte d'Appello di Torino a due giovani che avevano scaricato e condiviso in rete tramite un computer di una associazione studentesca del Politecnico di Torino file musicali, film e software protetti da copyright.

I due ragazzi condannati dalla corte torinese avevano sviluppato una cosiddetta «rete p2p» (peer to peer) per scambiare file con altre persone collegate a internet. Il sistema era semplice: bastava collegarsi a un server installato nel computer di un'associazione studentesca del Politecnico di Torino. Per poter ottenere le chiavi d'accesso occorreva condividere la propria «scorta» di musica, film, videogiochi o software. Tutto spesso protetto dalla legge sul diritto d'autore. Una filosofia di scambio «do ut des», diffusissima su internet, che permetteva a tutti di scaricare file gratis dalla rete.

Secondo i giudici piemontesi i due giovani autori di questo sistema di scambio file 'au pair' erano colpevoli di aver violato agli articoli 171 bis e 171 ter della legge sul diritto d'autore (n. 633/41) che punisce chi, «a scopo di lucro», diffonde o duplica file e contenuti multimediali protetti da copyright.
Ma l'attività dei due imputati - spiega la Suprema Corte nella sentenza n.149 depositata lo scorso 9 gennaio - non aveva alcun «fine di lucro», e quindi non si configurava l'effettiva violazione della legge.
«I giudici di merito - si legge nel dispositivo della sentenza - hanno erroneamente attribuito all'imputato una attività di duplicazione dei programmi e di opere dell'ingegno protette dal diritto d'autore, poiché la duplicazione in effetti avveniva ad opera dei soggetti che si collegavano con il sito Ftp e da esso, in piena autonomia, prelevavano i file e nello stesso ne scaricavano altri. Doveva essere esclusa l'esistenza del fine di lucro da parte degli imputati in potendosi ravvisare una mera attività di scambio».

Il resto lo trovate qui (corriere.it)

Nessun commento: